La pandemia COVID-19 si è dimostrata particolarmente aggressiva verso i soggetti anziani, soprattutto se residenti in RSA, fragili, malnutriti, o confinati per vari motivi in spazi angusti. Anche se è di tutta evidenza che la trasmissione del contagio trova terreno più fertile in organismi minati da altre patologie, con un sistema immunitario meno efficiente e a stretto contatto fra di loro, ritengo che la più efficace risposta consista nell’istituzione di un rigido cordone sanitario teso selettivamente attorno ai soggetti a rischio, ricorrendo anche a moderne tecnologie, e non in indiscriminate prescrizioni verso gli anziani, che, come è ben noto ai Geriatri, potrebbero risultare del tutto controproducenti.
Questa strategia presuppone tuttavia una maggiore attenzione alla medicina del territorio, rappresentata non solo dai Medici di Famiglia, ma anche dalle strutture residenziali, dagli ambulatori, dai centri diurni, dall’assistenza socio-sanitaria domiciliare etc., e che per vari motivi è carente in Italia. Negli ultimi decenni, soprattutto nelle regioni del Nord e pur in presenza di una significativa contrazione di risorse, è stata privilegiata l’assistenza ospedaliera, che ha peraltro raggiunto livelli di assoluta eccellenza, ma, per vari motivi, non si è prestata uguale attenzione alla medicina territoriale che avrebbe potuto fungere da efficace “prima linea” in questa drammatica circostanza. Anche se gli ospedali hanno retto bene alla poderosa onda d’urto, in questo caso il territorio, se meglio organizzato, avrebbe potuto circoscrivere e isolare, con maggiore tempestività ed efficacia, i pazienti infettati, al di là della buona volontà dei singoli operatori, (ora definiti impropriamente, quanto temporaneamente, “eroi”), molti dei quali hanno purtroppo pagato con la vita le carenze organizzative imputabili ad altri. Certamente chi di dovere farà rapidamente chiarezza su eventuali singole responsabilità, ma se, come si dice, questa vicenda cambierà molti nostri comportamenti, auspicherei che muti anche la visione prevalentemente “ospedalocentrica” che caratterizza oggi la gestione della sanità.
Giancarlo ISAIA