COVID-19 e NEFROLOGIA
Desidero proporre un commento al contributo che i Colleghi della Comunità Nefrologica stanno dando in tutto il mondo in questo momento difficile e mettere in evidenza due prospettive diverse di intervento, entrambe di rilievo.
-La prima si riferisce alle problematiche organizzative che è stato necessario affrontare in uno stato di emergenza per adottare da un giorno all’altro le misure più adeguate per ridurre i rischi di trasmissione dell’infezione da virus SARS-CoV-2 in un contesto particolare quale quello delle sale dialisi con reiterazione di trattamenti nella stessa comunità di pazienti, e con la necessità di gestire i contagi in una popolazione vulnerabile per i rischi connessi alla condizione di insufficienza renale cronica in terapia sostitutiva con dialisi o trapianto.
In questo senso, voglio sottolineare la sollecitudine con cui i Centri di nefrologia e dialisi del Piemonte hanno affrontato queste delicate problematiche organizzative e la tempestività con cui la Sezione Piemonte/Valle d’Aosta della Società Italiana di Nefrologia, dopo aver individuato i punti più critici del sistema nefrologico e dei percorsi dei pazienti, ha sollecitato nelle sedi di competenza Regionale la necessità di realizzare protocolli immediati e adeguati relativi a: trasporto casa -ospedale dei pazienti in dialisi (con pre-triage telefonico per consentire trasporti singoli in caso di sospette infezioni), triage all’ingresso delle sale dialisi, identificazione di aree isolate dove dializzare i pazienti contagiati e di altre aree per i casi sospetti, garanzia di un adeguato livello di protezione del personale e corrette indicazioni all’effettuazione dei tamponi. Questo è stato possibile per la stretta connessione tra le nefrologie piemontesi, operativa da oltre trent’anni, e anche per la continua comunicazione in rete, che ha consentito di raccogliere in tempo reale tutti i dati necessari, quali i contagi tra i pazienti e il personale, e di agevolare il confronto tra le diverse realtà sulle differenti modalità operative.
- La seconda osservazione riguarda invece la ricerca scientifica internazionale che ha coinvolto anche la nefrologia piemontese , finalizzata ad approfondire le modalità del coinvolgimento renale nella COVID-19, basandosi sui casi di insufficienza renale acuta (AKI) osservati nel corso di questa infezione, e sulle evidenze che riguardano, tra l’altro, l’ACE2, enzima espresso nelle membrane cellulari dell’epitelio alveolare, dove è noto funzionare come “porta“ all’ ingresso del virus nelle cellule che ne consente la successiva replicazione. Ma l’espressione di questo enzima è molto alta anche nel tessuto renale, e antigeni virali sono stati ritrovati nei tubuli renali di pazienti con AKI in corso di COVID-19, confermando l’ipotesi di un ruolo patogenetico diretto del virus nell’induzione del danno. E la differenza tra il rene e altri organi in cui il virus “consuma” l’ACE2 per entrare nelle cellule (polmone, cuore, intestino), è che il rene può fornire informazioni utilissime su quello che sta succedendo al “suo” enzima ACE2 tissutale, perché è possibile misurare nelle urine l’ACE 2 solubile generato per proteolisi dalla forma legata alle membrane, e questo potrebbe fornire interessanti informazioni sulle modalità di progressione dell’infezione, potenzialmente trasferibili anche ad altri contesti, e utili per pianificare strategie terapeutiche mirate.
Piero STRATTA