Pandemia da COVID-19 e Genere: una sfida
Rischio di esposizione, suscettibilità biologica alle infezioni, socio-economia, scelte individuali: tutte variabili che si modificano secondo il genere delle persone e le loro interazioni con il tessuto sociale. Per tali motivi il World Health Organization incoraggia gli Stati membri a raccogliere e analizzare i dati sui COVID-19 disaggregati per sesso ed età; e a tener conto del genere nella definizione delle misure per limitare l’epidemia (esortazione già rivolta 13 anni fa, nel 2007, sempre in merito alle malattie infettive che causano epidemie). Purtroppo i dati disaggregati per sesso ed età sono relativamente poco disponibili, il che ostacola l'analisi delle implicazioni di genere del COVID-19 e lo sviluppo di risposte adeguate.
La pandemia da Covid 19 presenta una distribuzione di genere asimmetrica: in Italia il tasso di mortalità è quasi doppio negli uomini (17,1% e 9,3% rispettivamente), e questo dato è confermato in quasi tutti i Paesi che forniscono dati completi. Tra le nazioni che forniscono dati differenziati per sesso, solo India, Pakistan e Iran hanno una proporzione di decessi femminili più alta, con un rapporto 0,9 tra maschi e femmine: questi Stati investono poche risorse nelle cure mediche alle donne. Al contrario, in Finlandia, dove le donne si infettano come gli uomini, tra i decessi le percentuali sono altamente asimmetriche: 25% contro 75%.
Questa differenza non pare dovuta ad una minor tendenza femminile ad ammalarsi: nella categoria dei lavoratori sanitari, dove le donne sono in maggioranza, i dati INAIL di marzo e aprile dicono che per il 79,6% i decessi hanno interessato gli uomini, per il 20,4% le donne, diversamente dalle percentuali delle denunce, femminili al 71,1%.
Quali i motivi? Molteplici e ancora poco studiati. Tra questi:
- una diversa regolazione del sistema immunitario legata al cromosoma X e all’attività ormonale (gli estrogeni sono immunostimolanti e antinfiammatori, il testosterone immunodepressivo), che espone maggiormente alle malattie autoimmuni, ma rende più resistenti al Sars-Cov2;
- la più alta espressione di recettori Ace2 nei polmoni maschili. Uomini e donne reagiscono in modo diverso anche a vaccini e trattamenti.
Disporre di dati disaggregati per sesso risulta fondamentale. È un enorme capitale, che concerne il 52% dell’umanità, può contribuire a curare anche il rimanente 48% e attende di essere studiato.
Gabriella TANTURRI