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L’intervento dell’Ordine dei Medici alla conferenza stampa del Comitato per il Diritto alla tutela della salute e alle cure, “Non un euro alle associazioni anti-abortiste, più risorse per la sanità pubblica”, davanti all’ospedale Sant’Anna

 

Di seguito, l’intervento dell’Ordine dei Medici di Torino alla conferenza stampa organizzata questa mattina dal Comitato per il Diritto alla tutela della salute e alle cure davanti all’ospedale Sant’Anna di Torino, contro la presenza e il finanziamento delle associazioni anti-abortiste negli ospedali pubblici.

L’intervento è stato letto, a nome dell’Ordine, dalla consigliera Tiziana Borsatti.

 

L’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri è un organo sussidiario dello Stato ed agisce al fine di tutelare e difendere i diritti delle persone, la qualità dell’atto medico e i principi etici dell’esercizio professionale indicati nel codice deontologico. Le donne che si rivolgono ai servizi pubblici, cioè agli ospedali e ai consultori, non devono veder lesa la loro autodeterminazione e quindi i loro diritti sanciti, peraltro, da una legge. Un nostro comunicato stampa del 16 febbraio scorso aveva già evidenziato come la proposta di far sentire il battito cardiaco fetale alle donne che programmano un’interruzione di gravidanza fosse molto preoccupante dal punto di vista etico e deontologico. Sono ben 4 gli articoli del codice deontologico che verrebbero lesi (4, 6, 13, 16). Il medico non deve prescrivere ed eseguire indagini o trattamenti la cui indicazione non abbia fondamenti scientifici, motivazione clinica e appropriatezza.


Con lo stesso spirito siamo oggi qui ad esprimerci sull’istituzione della stanza dell’ascolto nell’ospedale ostetrico-ginecologico più grande del Piemonte, stanza destinata alle donne intenzionate ad abortire.


La scelta operata dalla direzione sanitaria della Città della Salute e della Scienza di Torino prevede la presenza nell’ospedale Sant’Anna di movimenti pro-vita, che vorrebbero “affiancare” percorsi diagnostici terapeutici assistenziali consolidati, che per definizione prevedono la presenza di professionalità specifiche e competenti.


Inoltre, l’ascolto in ambito sanitario è parte del processo di presa in carico e cura. Lo dice il nostro codice deontologico nell’articolo 20 (“il tempo di relazione è tempo di cura”) e lo dice anche la legge 219/2017 sul consenso informato. L’ascolto non è pertanto demandabile a figure non professionalmente qualificate e non inserite in un percorso sanitario. Anzi, l’obiettivo della sanità regionale dovrebbe essere proprio il contrario: mettere i medici e tutti gli operatori sanitari nelle condizioni di avere a disposizione il tempo necessario.


La nostra preoccupazione riguarda dunque l’inappropriatezza di attività non necessarie, finanziate con denaro pubblico, affidate ad associazioni di volontariato che non sono controllate negli interventi né nelle qualifiche. Queste ultime, nella convenzione stipulata, sono espressamente
demandate alla discrezionalità del presidente dell’associazione.


Riteniamo inoltre inappropriato che in una struttura sanitaria del SSN siano ospitate associazioni ideologicamente contrarie ad interventi garantiti dal servizio sanitario nazionale stesso.

Da ultimo, crediamo che meritino rispetto sia il personale sanitario sia le donne. I primi perché hanno strumenti e competenze per indirizzare le persone ai professionisti, ai servizi sanitari o sociali o socio-assistenziali idonei. Le donne perché quotidianamente operano le loro scelte, non
sempre scelte facili, non solo quando entrano in un ospedale. Hanno bisogno, loro come tutti, di servizi sanitari e socio-assistenziali garantiti, per poter scegliere in libertà e autonomia, per affrontare il loro presente e programmare il loro futuro e per poter continuare a contribuire al bene comune.