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COMUNICATO STAMPA

  

 

 

IL PRESIDENTE DELL’ORDINE DEI MEDICI DI TORINO: “SENZA INVERSIONI DI ROTTA LA SALUTE RISCHIA DI DIVENTARE SEMPRE PIÙ OGGETTO DEL MERCATO”

 


In Piemonte il 10% delle persone rinuncia alle cure perché non le trova nel Servizio sanitario nazionale nei tempi necessari e non può pagarle ad un professionista o ad un istituto privato. Si stima inoltre che nel SSN il 50% di chi deve effettuerà una visita o un esame, potendo rivolgersi al privato, non prova neanche più a prenotare. Ed è un fatto ormai accertato che le rinunce determinano una grave sottostima della lunghezza delle liste d’attesa.

Il presidente dell’Ordine dei Medici Guido Giustetto torna ad affrontare il tema dei  gravi disservizi del sistema sanitario pubblico che inevitabilmente dirottano i pazienti verso  il privato. Lo fa in occasione del convegno organizzato in mattinata dallo Spi CGIL dal titolo “Come le differenze di accesso ai servizi, le rinunce alle cure e il carovita ci tolgono la salute”, un incontro dedicato alle diseguaglianze di salute, le riforme tradite e le risorse mancanti.

Giustetto cita l’incredibile caso di una signora che ha raccontato la sua esperienza per la prenotazione di una radiografia alle anche alla rubrica de La Stampa Specchio dei tempi. Un’unica prescrizione del suo medico di medicina generale, ovviamente,  ma due prenotazioni in due ospedali diversi e in giorni diversi per il Cup regionale che ha motivato la scelta spiegando che non essendoci alcuna possibilità di prenotare due RX consecutive nello stesso ospedale, altra soluzione non c’era.

“L’idea che si ricava da questa storia è che la persona non conti più nulla - commenta  il presidente dell’Ordine dei Medici - Oltretutto,  come faranno i due radiologi che per il referto devono necessariamente confrontare le due anche?  E’ sempre più  evidente che il sistema sanitario sta abbandonando il suo compito di offrire alle persone la cura, intesa come come relazione di cura”.

Oggi tutta l’attenzione è spostata sulle prestazioni, chiarisce Giustetto “ma soprattutto quando non stiamo bene noi abbiamo bisogno  e sentiamo la necessità di essere presi in cura in maniera globale.  La cura è un atto complesso fatto di biologia (l’esame del corpo e dei suoi organi) e relazione,  di competenze tecniche e di etica,  in cui il corpo è studiato insieme alla persona con i suoi valori, le sue sofferenze, la sua identità in una relazione medico-paziente profonda, reciproca e continua di ascolto e di scambio in cui si confrontano l’autodeterminazione e l’autonomia del paziente e la competenza, la responsabilità e l’autonomia del medico. La prestazione è invece il risultato della scomposizione (amministrativa) dei bisogni della persona e della cura in atti semplici e mirati ad indagare un singolo aspetto del problema presentato”. La cura, insomma, è la persona, la prestazione sono  l’ECG, L’ecografia, la risonanza magnetica. “Quale continuità terapeutica e presa in carico può garantire la proposta di eseguire visite specialistiche per patologie croniche, scompenso cardiaco, Bpco, malattie degenerative neurologiche in sedi diverse e in tempi diversi”?

Un antiparadigma della cura, dice ancora Giustetto sono i gettonisti: “Non conoscono l’equipe, il contesto, il sistema in cui sono inseriti. L’enfasi sulla prestazione  ci conduce dunque verso una versione “assicurativa” della salute, all’aziendalismo, all’esternalizzazione, al neoliberismo, allo scivolamento inconsapevole verso la  sanità privata e la trasformazione della nostra salute in oggetto del mercato per il consumismo sanitario”.

Per l’Ordine dei Medici, che ha la responsabilità di rappresentare e governare la professione, rappresentata da oltre 18 mila  iscritti, le proposte per fare in modo che i medici non perdano il senso del loro lavoro e della loro missione e ritornino a prendersi cura della persona e non solo a studiare i singoli organi sono le seguenti: garantire nel SSN un numero di medici sufficienti: i medici ci sono ma hanno perso l’interesse a lavorare nel SSN; rendere di nuovo attrattivo lavorare per il nostro SSN, ridare il tempo di ascoltare i pazienti e di conversare: garantire una formazione professionalizzante, elastica, interdisciplinare che dia la capacità di rispondere in maniera efficace alle richieste dei pazienti, anche a quelle inappropriate, che qualifichi l’assistenza domiciliare ai pazienti non autosufficienti, che garantisca di poter utilizzare l’IA con consapevolezza di vantaggi, limiti e rischi. Infine organizzare i modelli  lavorativi e il sistema in generale in modo da favorire il raggiungimento di questi obiettivi.