Sole e pesce alleati contro il rischio contagio da coronavirus
Studio di due docenti dell’Università di Torino: nei pazienti ricoverati è stata riscontrata forte carenza di vitamina D
Ecco perché, di conseguenza, la suggestione avanzata dai due docenti è che un’adeguata esposizione alla luce solare unita ad un regime alimentare fatto di cibi ricchi di vitamina D - contenuta per esempio nelle uova, nella crescenza, nei funghi chiodini e in pesci grassi come aringhe, spigole, alici e sgombri - potrebbero svolgere un ruolo preventivo e terapeutico.
«L’idea - spiega il professor Isaia - ci è venuta ragionando su come mai in Italia la pandemia ha avuto un’incidenza così grande soprattutto sulle persone anziane. Così, confrontandomi con il professor Medico, abbiamo notato che almeno nella prima fase dell’emergenza i contagi avvenivano soprattutto al di sopra del Tropico del Cancro: per questo ha preso piede l’ipotesi che una maggiore esposizione al sole e l’assunzione di cibi ricchi di questa vitamina potrebbero essere dei protettivi naturale».
Ulteriore conferma arriverebbe dai dati preliminari raccolti in questi giorni a Torino tra i pazienti ricoverati perché positivi al coronavirus. Tutte queste persone, viene evidenziato nello studio, presentano infatti una diffusa carenza di vitamina D. In ragione di queste considerazioni i due docenti suggeriscono ai medici, in associazione alle misure di prevenzione di ordine generale, di assicurare adeguati livelli di vitamina D nella popolazione ma soprattutto nei soggetti già contagiati, nei loro congiunti, nel personale sanitario, negli anziani fragili, negli ospiti delle residenze assistenziali e nelle persone in regime di clausura: vale a dire in tutti coloro che per vari motivi non si espongono adeguatamente alla luce solare.
«Inoltre - concludono Isaia e Medico - potrebbe anche essere considerata la somministrazione della forma attiva della vitamina D, il calcitriolo, per via endovenosa nei pazienti affetti da Covid-19 con funzionalità respiratorie particolarmente compromesse».