Come rallentare l’invecchiamento biologico? Non conta solo la genetica
La prova, a livello cellulare, da uno studio su modificazioni del Dna condizionate dallo stile di vita. Sedentarietà, obesità e glicemia alta influenzano l’età biologica
L’età del nostro organismo è spesso diversa da quella che leggiamo sulla carta di identità. Due persone nate nello stesso anno possono avere due stati di salute e due processi di invecchiamento radicalmente diversi. E tra i numerosi fattori che possono influenzare la nostra età biologica ci sono quelli cardiovascolari. L’obesità e livelli elevati di grassi nel sangue così come la sedentarietà accelerano il processo di invecchiamento, mentre tenere sotto controllo questi fattori di rischio cardiometabolici e fare esercizio hanno esattamente l’effetto contrario.
Fattori ambientali e Dna
Insomma un sano stile di vita è un po’ come un elisir di giovinezza che, oltretutto, agisce anche a livello del nostro Dna, come segnala uno studio pubblicato di recente sulla rivista Circulation: Genomic e Precision Medicine. Gli autori hanno studiato l’età biologica di circa 2.500 individui analizzando le modificazioni epigenetiche, ovvero quelle alterazioni chimiche del Dna (in particolare le metilazioni) che influenzano l’espressione dei geni e possono essere a loro volta influenzate da fattori ambientali come la dieta, lo stile di vita e lo stress. «Applicando il metodo dell’età della metilazione del Dna, una sorta di orologio epigenetico dell’invecchiamento, messo a punto nel 2013 dal biogerentologo e biostatistico Steve Horvath , gli studiosi hanno valutato su base molecolare se fosse presente un’età accelerata (più di cinque anni rispetto dell’età anagrafica) o un’età decelerata (meno di cinque anni dell’età anagrafica) nei campioni cellulari esaminati» spiega Giancarlo Isaia, professore di medicina interna e geriatria all’Università di Torino e presidente dell’Accademia di Medicina di Torino.
Confermato su base molecolare quello che era già noto in medicina
Ebbene fattori cardiometabolici come l’obesità e le dislipidemie sono risultatati associati a un’accelerazione epigenetica dell’età così come una ridotta attività fisica. Inoltre misurazioni della metilazione del Dna eseguite a un anno di distanza in un sottogruppo di pazienti hanno evidenziato che anche altri fattori, quali la pressione diastolica (la «minima») alta e valori elevati di glicemia (zucchero nel sangue), erano associati a un’accelerazione dell’invecchiamento. «Ciò conferma, su base molecolare un dato noto nella letteratura medica che da tempo ha sottolineato come numerosi fattori acquisiti (epigenetici), in gran parte legati allo stile di vita, possano interferire con la salute, in particolare con le malattie cardiovascolari, condizionando la predisposizione genetica dei soggetti e modulandone gli effetti — osserva Isaia —. Astenersi dal fumo, praticare regolare attività fisica, adottare una dieta controllata sono tutte strategie per ottenere un invecchiamento di successo e una migliore qualità di vita».
I marcatori dell’invecchiamento
Gli scienziati studiano da tempo possibili marcatori dell’invecchiamento in grado di misurare l’età biologica e valutare le condizioni di salute. Uno dei pionieri in questo ambito è Steve Horvath, dell’Università della California, che ha sviluppato l’omonimo «orologio», per stimare l’età di pressoché ogni parte del corpo. Lo scienziato ha costruito il suo orologio dell’invecchiamento utilizzando i dati di metilazione del Dna di 800 campioni di 51 tessuti del corpo e tipi cellulari. I dati, elaborati da un algoritmo, permettono di prevedere l’età cronologica di una persona da un campione di cellule. Tuttavia negli ultimi anni la firma epigenetica dell’orologio di metilazione del Dna è sempre più spesso oggetto di studi che la usano per stimare la suscettibilità alle malattie legate all’invecchiamento e il rischio di morte, ma anche come strumento per misurare interventi preventivi contro disturbi e per prolungare la durata della vita in buona salute.