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In questo documento, firmato dai Professori Giancarlo Isaia ed Enzo Medico ed esaminato dal Comitato scientifico e da molti Soci dell’Accademia di Medicina di Torino, sono riportate alcune considerazioni sul possibile ruolo preventivo e terapeutico della vitamina D nella gestione della pandemia da coronavirus. Per meglio chiarire il significato e lo spirito del lavoro, che è stato ripreso da molte testate giornalistiche locali, nazionali ed anche internazionali, con successivo ampio dibattito scientifico sul web, riportiamo alcune dirette considerazioni di Isaia e Medico.

 

Il nostro documento scaturisce dalla domanda, per ora senza risposta, circa la presenza dell'anomala virulenza che è stata registrata in Italia e in Spagna, e prima ancora in Cina, della pandemia: nello sforzo di trovare qualche peculiarità che differenziasse il nostro Paese e che potesse favorire la diffusione della virosi, abbiamo focalizzato la nostra attenzione sulla carenza di vitamina D, per trasmettere alla comunità scientifica una riflessione che potrebbe essere molto costruttiva in questa triste vicenda.

Riportiamo di seguito alcune precisazioni e considerazioni.

1) Il comunicato è stato definito in molte testate uno “studio”, termine che può indurre a intenderlo erroneamente come uno studio clinico, mentre si tratta di uno studio di letteratura che riporta risultati pubblicati. Il documento non è stato pubblicato su una rivista scientifica, il che però non rende meno validi e pertinenti i molteplici studi ivi citati.

2) Le referenze bibliografiche riportate nel documento sono state da noi scelte sulla base di precisi criteri di rilevanza col tema, importanza e peso scientifico: il tutto è stato sintetizzato in una bozza che in una prima fase è stata sottoposta ai Soci dell’Accademia di Medicina di Torino, alcuni dei quali ci hanno confermato di aver controllato le referenze o di aver svolto una ricerca bibliografica individuale prima di esporre pubblicamente il nome dell’Accademia su questo tema. Complessivamente i dati riportati sono stati definiti "molto interessanti", con tipica prudenza scientifica.

3) Il documento contiene molteplici referenze con hyperlink ad articoli pubblicati, la maggior parte dei quali sono studi originali che riportano i risultati di studi clinici e preclinici, immediatamente apribili e verificabili, a sostegno del concetto che la vitamina D può avere effetto preventivo, protettivo e terapeutico nelle infezioni delle vie respiratorie anche virali, anche da virus con pericapside, dei quali fa parte il coronavirus. Altre referenze illustrano i meccanismi attraverso cui questi effetti si esercitano. Oltre a innumerevoli lavori originali, e review pubblicate, abbiamo citato un preprint che non presenta dati originali ma è a sua volta una review molto recente sul tema, per mettere a disposizione dei lettori le centosettanta referenze ivi contenute, alcune delle quali abbiamo anche inserito direttamente come link nel testo.

4) Segnaliamo che fra le referenze è riportata una metanalisi del 2017 che ha considerato 25 studi clinici randomizzati, per un totale di oltre 11.000 pazienti, evidenziando che la supplementazione di vitamina D riduce di due terzi l’incidenza di infezioni respiratorie acute nei soggetti carenti.

Lo spirito del documento non è quindi dimostrare l’efficacia della vitamina D specificamente sull’infezione da COVID-19, come si può desumere benissimo dal titolo e dal contenuto. Il documento ha tre principali finalità:

a) richiamare l’attenzione generale sulla necessità di assicurare a tutti i soggetti anziani normali livelli di vitamina D, onde evitare che molti di essi, soprattutto quelli a rischio, elencati nel documento, possano ritrovarsi più esposti al danno conseguente alla patologia da COVID-19 perché carenti di vitamina D;

b) sollecitare la comunità medico-scientifica a considerare, fra le molte possibilità di intervento volte a contrastare la propagazione, morbidità e letalità del COVID-19, la compensazione della carenza di vitamina D;

c) stimolare i ricercatori di base ad indagare sui possibili meccanismi biologici alla base di una tale anomala morbilità e mortalità.